Per comunicare con me.

Chi desidera comunicare con me, può scrivermi a :
fratefrancescano@yahoo.com
Cliccando sulle immagini piccole di lato verrete collegati a dei interessanti siti di spiritualità. Pace e bene!


giovedì 25 novembre 2010

Vivere la Vita!

RIFLESSIONI SULLA VITA
BY FR. LUCIANO

            Il tema scelto in questo incontro e molto frequente ed attuale nei nostri tempi saper amare la vita. Le difficoltà, le tribolazioni, non riuscire a trovare il suo posto nella società, la sua realizzazione, la mancanza di lavoro, di affetto, di stima, porta un po’ ad abbandonarsi, a prendersela con la propria vita e a volte anche con il Signore, perché tutto questo, diciamo subito che non è facile dare una immediata risposta, ma a volta siamo anche noi a non compredere i valori e i doni che possiamo ricevere dalla vita, a volte si basiamo troppo sulle nostre forze e capacità e tralasciamo un pochino l’Amato, a volte ci rimaniamo male c’è la riprendiamo un’altra volta con tutti, da una parte e anche giusto per siamo persone vive e no sepolcri imbiancati, cioè vivi ma morte interiormente, ma deve finire li non ci deve pesare ne portarselo lungo i secoli, non dobbiamo bloccarci a questi limiti.
            Per amare la vita poi ci dovremo amare prima noi, nell’accetarci come con i nostri limiti e difficoltà, pocchezze e miserie, insieme alle doti che abbiamo, ai doni, alle meraviglie che il Signore ci ha donato, dobbiamo sentirci preziosi agli occhi di Dio, proprio per ciò che ha subìto per noi. Perché celebriamo le piaghe del Signore? Giusto per fare qualche preghiera o per rendegli grazie e lode? Ma nello stesso tempo ci dobbiamo sentirci bisognosi del suo amopre, dobbiamo sentirci i poveri del Signori, i cercatori di Dio, nel lebroso che è dentro di noi, con l’aiuto della preghiera, offrendo sacrifici di lode, Francesco è l’amante della vita per eccezione, è l’amante della creazione, per amare la vita devo amare l’altro e accettarlo con tutto se stesso, che mi sia simpatico o antipatico, ma lo devo stimare come figlio di Dio, non importa il rapporto che ho colui o se ho avuto una grande delusione, ma l’importante e vederlo con gli occhi di Dio.
            Non sprecchiamo il dono di una amicizia ad esempio per qualche parola di troppo perdoniamoci, conserviamo  l’amore che ci unisce, l’affetto, non diamo spazio al nemico che ci ostacola con cose di poco conto che a noi ci sembra di grande importanza, spendiamo la nostra vita con tutto se stessi e nei migliori dei modi e con tutte le sue capacità, di esempi ne abbiamo tanti l’eccezione e madre Teresa di Calcuta tutto da dire, e dando che si riceve il regno di Dio, dare non significa approffitarsi della persona, ma non tenersi il tesoro dentro di noi se so che ho un dono da donare, che sia la mansuetudine, che sia l’ascolto, che sia la bontà o che sia la pazienza la devo donare per il bene dei fratelli, e non farla morire, che gli altri la pensano come vogliono ma io devo dare il meglio di me stesso valorizzare ogni angolo della mia vita, e amarla con tutte le sue sfumature.
            Lo spreco della vita si trova nell’amore che non si è saputo dare, nel potere che non si è saputo utilizzare, nell’egoistica prudenza che ci ha impedito di rischiare e che, evitandoci un dispiacere, ci ha fatto mancare la felicità”.Anonimo
Concludiamo con questo aforismo sulla vita:
            Per la carezza ad un bambini mentre dorme, per la carezza di una mamma, per la sofferenza dell’amore, per una lacrima, per un sorriso, per un abbraccio, per i sogni che si fanno, per i sogni che si realizzano, per i sogni che mai si realizzeranno, per Dio che ci da la forza attraverso lo Spirito, per tutto questo… la vita è “semplicemente” stupenda!!! 

sabato 13 novembre 2010

Quando amo il Signore?

Ma io ti amo Signore Gesù?
pubblicata da Luciano Pugliese 
Cari amici ho desiderio di condividere questa mia riflessione, sull'amore di Gesù, che diciamo che tanto lo amiamo, tanto lo preghiamo ma poi..... scusate il modo molto crudo di dire alcune cose ma non serve far raggiri con il Signore perchè ci conosce meglio di quanto possiamo pensare, che nessuno se la prende ma che si faccia un pensierino sulla propria condotta di vita. La pace e la gioia del Signore sia sempre nel vostro cuore fr. Luciano

Quante volte mi capita o ci capita di dire che amiamo Il signore con tutta la nostra vita, ma poi sarà vero tutto ciò, io mi vedo nella mia miserevole vita che non e sempre cosi, perchè se sarebbe cosi non farei tante azoni, ma visto che io sono povero e forse neanche so che significa amarti, allora e normale che agisco in questo modo perchè non so più come comportarmi, mi arrampico a tutto, invece di confidare nela tua potenza d'amore, confido nella mia inutile sapienza umana, quant'è difficile amarti, nonostante mi hai fatto conoscere la povertà della mia anima ancora ho il cuore di pietra e ancora non mi arrendo alla mia durezza al mio voler essere migliore degli altri, ma a cosa serve tutto ciò, finchè non riesca ad uscire da questo misero corpo con le sue passioni e poi dico che ti amo, se ti amerei non starei sempre piegato su di me sul mio orgoglio, la superbia, l'essere e ancor di più sentirmi migliore, e non mi vedo che sono nel mare delle tenebre, e non dico ma che sto facendo, dove vado, e ancor peggio non chiedo aiuto perchè sono pieno di me, O Signore allontana da tutto questo, fa che ti ama veramente, non voglio niente, non desidero niente, che siano lontano i meriti e gli onori, che sia l'ultimo e il più disprezzato, che non valgo niente, ma non togliere che ti possa amare veramente, se il mondo non cambia è perchè io non voglio cambiare, se non voglio seguire il tuo ideale perchè mi è scomodo, se ho perso la pace perchè ho voluto mettere in trono il mio essere tutto, Signore ti prego di aiutarmi a liberarmi da tutto questo, ad essere puro, ma che mi importa se sono l'ultimo o il primo, disprezzato o amato, buono o cattivo, ma servono queste cose se poi non conosco neanchè la tua parola, mi allontano da te, ti tengo solo per colpevolizzarti, o come un opzionale, dove sono gli ardori del primo amore di quando mi hai conquistato, allora e vero che mi sono fatto prendere troppo dalle cose mondane e Te Dolce Signore dove ti ho posto, dove sei, O signore perdonami allontana da me il tuo sguardo, finchè io non ritorno allo stato puro a quel primo amore che mi ha conquistato il cuore ed ho detto ecco Signore che io vengo! Aiutami Signore per quando ti sto facendo soffrire.....  

martedì 31 agosto 2010

San Giuseppe da Copertino "protettore degli studenti"

18 SETTEMBRE
San Giuseppe da Copertino protettore particolare degli studenti
Ogni 18 del mese vi aspettiamo nella nostra Chiesa di san Francesco di Assisi a Benevento per celebrare il Mistero dell'amore di Dio, l'Eucarestia per tutti i studenti. Non Mancate! 
San Giuseppe da Copertino nacque in una stalla, come Gesù e come Francesco di Assisi, il 17 giugno del 1603. La troppa bontà di Felice Desa, suo padre, e le troppe sigurtà da lui firmate (le attuali cambiali) per amici bisognosi ma poco fidati, avevano gettata la famiglia nella miseria e il padre a fuggire gli sbirri rifugiandosi nelle Chiese.Come giunse al Sacerdozio è un mistero della grazia di Dio e della sua tenacia. Le notti intere passava nello studio, dopo la giornata di lavoro, pur di riuscire a leggere e a scrivere. Il profitto non era soddisfacente, ma ciò a cui valse fu un ritorno sui suoi passi dello zio Franceschino che cominciava ad aprire gli occhi su le virtù del suo nipote.Il Vescovo di Nardò mons. De Franchis gli conferì gli Ordini Minori nella sua cappella privata e il Diaconato il 20 marzo dell’anno stesso. Due volte superò l’esame prodigiosamente, per intercessione della «Mamma sua». Nel primo esame il chierico Giuseppe avrebbe dovuto leggere, cantare e spiegare un brano dell’Evangeliario. Una notte di preghiera e poi la gioia. Fu interrogato precisamente sul brano che aveva imparato a memoria. L’altra volta si mise in coda e attese. il Vescovo esaminatore di fronte alla scienza dei primi si fidò di tutti. Giuseppe pianse di commozione. Il 28 marzo 1628 fu consacrato sacerdote.Nelle tre camerette adattate per lui, visse sei anni e tre mesi, in lieta conversazione con i suoi fratelli di religione. Poche persone ricevette premunite di permessi e di firme. Non visitò il Convento e la Chiesa che una sola volta e di notte. Nell’orticello adiacente al suo oratorio non scese che poche volte, timoroso di essere osservato dalle abitazioni circostanti. Nel corridoio e nelle stanze dei frati non entrò che per visitare i confratelli ammalati. Eppure la sua anima piena di Dio non conteneva la gioia. Confessava di non essersi trovato bene in nessun posto come in Osimo. Le estasi, i voli, i rapimenti si ripetevano al solo nome di Gesù e Maria. La Messa non durava meno di due ore, rapito come era dal mistero d’amore del suo Dio. Ma ormai l’«asinello» iniziava la salita dell’ultimo monte. Cantava: «Gesù, Gesù, Gesù, / deh,, tirami lassù; / lassù in paradiso / ché là godrò il bel viso; / là ti potrò più amare / e con gli Angeli lodare».

Forse non è facile oggi aver credito tra i ragazzi, proponendo un santo "patrono degli studenti e degli esaminandi". 
Il clima secolarizzato che tira ha fatto piazza pulita delle pratiche devozionali e della fede nella Provvidenza. C'è sempre il sospetto di favorire la passività e la pigrizia. 
Nella giovinezza di San Giuseppe da Copertino c'è dello straordinario nel modo in cui egli superò gli esami per accedere al diaconato e al sacerdozio. 
Il santo attribuì il successo alla Vergine  di cui egli fu teneramente devoto. Ma è evidente che il cielo volle premiare  l'impegno e la diligenza del giovane  fra Giuseppe Desa. 
Egli più incline all'intuizione pratica dovette lottare molto  nello studio nel quale tuttavia si impegnò con costante sforzo. Per questo San Giuseppe è invocato come "patrono degli studenti". Ma non è una delega in bianco nè una scappatoia per i ragazzi pigri e indolenti! Certo che gli esami sono sempre unpericulum
Così che la diligenza nello studio, l'ingegno più sveglio, l'intelligenza più vivace non sono sufficienti per un buon esame. La superbia e l'autosufficienza possono offuscare la mente; l'emozione e il timore possono provocare improvvisa amnesia; le domande a sorpresa possono sconvolgere lo studente più preparato. 
In tali frangenti l'invocazione dell'aiuto divino - tramite l'intercessione di San Giuseppe da Copertino - esprime fiducia in Dio Padre provvidente, umiltà di creatura bisognosa di sostegno, serena coscienza di aver compiuto il proprio dovere.
Il ricorso al santo non fomenta quindi il disimpegno nello studio; al contrario è un libero abbandono nelle mani di Dio.

mercoledì 28 luglio 2010

La preghiera!

Pregare ???

Pregare significa ascoltare Dio che ci parla.
Pregare significa imparare ad ascoltare.
Pregare significa scoprire che Dio ci ama.
Pregare è allo stesso tempo: ascolto del Signore,
mettersi a sua disposizione, lode e azione di grazie, slancio finale, domanda fiduciosa.
Pregare significa accogliere in noi lo Spirito.
Pregare significa lasciarsi rinnovare da Dio.
Pregare significa presentarsi a Dio completamente liberi,
abbandonarsi a lui, pronti a ricevere ogni cosa da lui e dagli uomini.
Pregare significa entrare in relazione con il Dio vivente.
Pregare significa tendere l'orecchio e sforzarsi di percepire
il messaggio di Dio.
Pregare significa impegnarsi totalmente.
Pregare significa credere che in fondo alla strada c'é la luce.

"Venite e vedete" Disse Gesù agli apostoli...



Meditazione sul passo biblico "Venite e vedete"

  Ci viene fatto un’invito da Gesù, quando i discepoli gli dicono “dove abiti maestro”, e Gesù gli disse: “venite e vedete”, la seguela oltre ad essere una scelta libera e coraggiosa, deve anche essere fiduciosa, abbandonarsi nella sua volontà, l’invito ad andare, a camminare lasciando i proprio progetti e ad imbarcarsi sulla nave della vita, guardare avanti a fare progetti con Dio, stare giorno dopo giorno alla ricerca di Dio, è anche in un certo modo entusiasmante e curioso questo invito, dovremo avere un cuore da bambino semplice e puro, pieno di curiosità, per andare a fare questa esperienza, questo incontro.
   Il passo di Giovanni descrive un’esperienza umana estremamente semplice, ma che è anche una delle più grandi che noi possiamo fare: l’esperienza di un incontro.
            Due persone, di una è detto il nome mentre dell’altro si tace: è un po’ uso dell’Evangelista Giovanni di non dire il suo nome; dunque Andrea e Giovanni incontrano un’altra persona: Gesù. Questo incontro consiste in una compagnia fra tre persone: esso viene descritto come un “andare e vedere” dove lui abitava, e “fermarsi” presso di lui.
            Il brano del Vangelo ci dice che la fede è un incontro della mia persona con Gesù Cristo.  
            Quindi abbiamo trovato la risposta alla domanda “che cosa significa credere?”: credere significa incontrare Gesù Cristo; l’atto di fede, nel suo contenuto più forte e più intenso, è un incontro con Gesù Cristo.
            Che cosa accade in una persona quando incontra Gesù Cristo? Leggendo il brano di Giovanni si nota subito che l’incontro di Giovanni e Andrea con Gesù accade perché c’è una persona che lo rende possibile: Giovanni il Battista. E’ lui che dice loro “Eccolo, è lui, l’Agnello di Dio”, ossia è lui che ci salva.
             Quando un incontro è unico? Cosa vuole dire che un incontro è unico?
            Se domani mattina, quando comincia il servizio degli autobus, non si presenta uno degli autisti perché é ammalato, cosa fa il responsabile del turno? Lo sostituisce con un altro perché il servizio deve essere assicurato. 
            Voi avete una ragazza alla quale volete benissimo e le dite: “Domani ci vediamo in piazza Duomo”. Ma se questa non viene cosa fate ? La sostituite con un’altra? No! Nessuno può prendere il suo posto. 
            L’incontro é dunque unico quando si hanno due fattori: 
- quando é unica, assolutamente unica, la persona che incontro: nessuno può sostituirla, è qualcuno di così straordinariamente irripetibile che non può esserci nessun altro al suo posto; 
- quando c’è una perfetta corrispondenza fra ciò che il mio cuore attende con un desiderio ultimo e questa persona che incontro.
            Gesù ci offre di fare una esperienza, come dire volete vedere dove abito, venite a fare una esperienza, cioè Gesù è di poche parole, offre la concretezza, “vieni”, “guarda” e poi rifletti e annunci ciò che hai sperimentato, ciò che hai vissuto, certo la proposta di gesù e unica non è come tante altri incontri che si fanno a volte anche giusto per far piacere, e da quella esperienza che nasce la gioia di stare con il Signore e rimanere con lui, è chiaro che Seguire Gesù c’è bisogno di abbandonare i remi dalla nostra barca e remare insieme con quelli della barca degli apostoli, non bisogna cercare se stessi ma cercare ciò che piace a Dio, cercare se stessi vorrebbe dire riconoscere tutta la sua capacità di sapere fare le cose con la propria capacità e non con l’aiuto di Dio, invece cercare Dio vorrebbe dire il saper riconoscere i doni che mi da per le capacità che posso avere, che devono avere come scopo la salvezza delle anime, e no la prorpia gratificazione.
             Francesco e l’esempio più bello in questo modo, Francesco non ha mai cercato se stesso, ma accettato l’eseprienza che gli ha fatto Gesù, “vieni e vedrai” cose più grandi, Francesco a rinunciato a tutto per cercare dove abitava Gesù è lo ha trovato.
             Dove colleghiamo Maria in questa ottica, potremmo dire che Maria la madre di Gesù e stata la prima ad andare dietro a Gesù, a seguirlo a vederlo, li è anche costato vederlo morire, Maria ha fatto l’esperienza concreta di che significa seguire Gesù, l’incontro con il Bene, tutto il Bene, nasce quindi da questa esperienza d’amore che si e fatta, questo credere, questa fede di seguire Gesù deriva proprio d’averlo visto e incontrato, e fatto esperienza di lui. 

venerdì 25 giugno 2010

L'angolo della preghiera del frate: Viaggio a Gerusalemme

L'angolo della preghiera del frate: Viaggio a Gerusalemme: "Il mio pellegrinaggio alla Terra Santa. Dal 16 al 22 Giugno ho fatto il mio più bel pellegrinaggio, visitare i luoghi dove ha vissuto Gesù,..."

Viaggio a Gerusalemme


Il mio pellegrinaggio alla Terra Santa.

Dal 16 al 22 Giugno ho fatto il mio più bel pellegrinaggio, visitare i luoghi dove ha vissuto Gesù, è stato molto bello ed emozionante trovarsi con quei luoghi dove più di 2000 anni fa nasceva il Figlio di Dio, camminare tra quei paesi e pensare prima di me lo ha fatto Gesù, vedere dove è nato, la mangiatoia fa comprendere tante cose, vedere la tomba vuota, il luogo del Golgota, il calvario, ti accende una forte emozione e commozione interiore, li comprendi veramente il senso di ciò che ha compiuto per ciascuno di noi, il luogo dell'ultima cena, pensare che in quelle mura al piano di sopra come ci dice l'evangelista, pensare che li ha parlato Gesù, che ha istituito il suo suo ricordo perenne, si e consegnato con il pane e il vino, corpo e sangue suo, stare nel luogo dove ha insegnato ai discepoli la preghiera del Padre, veniva quasi il brivido sulla pelle, immaginare di ascoltare la sua fragrante e dolce voce il quel luogo che diceva "Quando pregate pregato cosi: Padre nostro.....", non ci sono parole per descrivere ciò che si prova, salire sul monte delle beatitudini, dove ha insegnato la via che conduce al paradiso, bagnarsi nel lago Giordano dove ha ricevuto il suo battessimo, dove anche noi abbiamo rinnovato le nostre promesse battesimali, visitare il Getsemani, dove ha pregato al Padre, "Sia fatta la non la mia , ma la tua volontà...", passare nell'orto degli Ulivi e immaginarsi la scena dell'arresto, chissà se non c'eravamo anche noi tra quei soldati con il nostro orgoglio, stare nella prigione e intravedere ancora nei muri i segni della flagellazione, chissà anche noi quante le abbiamo date e le diamo ogni qualvolta che cadiamo nel male del peccato, stare sotto le scale che portavano Gesù al Pretorio e dire a morte, stare ai piedi della croce, probabilmente anche noi saremo scappati come tanti suoi discepoli, non e facile guardate dire al momento della prova eccomi, è poi per chi crede veramente ecco la tomba vuota, la Resurrezione "Non è tra i morti ma tra i vivi...", coraggio allora se per amore di Dio dobbiamo attraversare momenti buii o di tribolazione, Cristo a vinto la morte! Coraggio allora aprite, anzi spalancate le porte al Re della Gloria Cristo Via, Verità e Vita. Il Signore vi benedica! Pace e bene.     

lunedì 7 giugno 2010

Il dono dell'Eucarestia.

Il dono del Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù
Carissimi amici un saluto di pace e di ogni consolazione nel Signore Gesù, Via Verità e Vita, oggi abbiamo celebrato la solennità del corpo e sangue di nostro Signore, questa solennità richiama ad alcune cose molto essenziali, il pane e il vino che noi vediamo consacrare su quell'Altare, mistero d'amore e vincolo di unità che ci unisce, certo capire il significato di quel sacrificio che si compie su quell'altare non basterebbero libri per comprenderlo nel profondo, ma una cosa e certa, li c'è tutto l'amore che ci dona Dio Padre, la donazione totale e gratuita del Figlio che si carne attraverso un pezzo di pane, nutrimento essenziale per noi, all'amore a questo sacramento dell'Eucarestia ci dovrebbe far commuovere ogni qualvolta che scende su quell'altare, far sentire in noi quel brivido, quell'emozione da farci sciogliere il cuore in lacrime, togliere ogni tipo di maschere, di ipocrisie, farci riconoscere la nostra umanità, la nostra fragilità, la piccolezza della nostra povertà interiore, perchè solamente quando riusciamo a riconoscerci bisognosi di quel pane, abbiamo necessità di quel pane, e sappiamo che senza quel pane che diventa corpo sacrosanto di Gesù, che non possiamo fare a meno di lui e riconosciamo in Lui la nostra vita e forza di andare avanti nella strada della vita , dove pietre e sassi ci ostacolano per l'incontro verso di te, sappiamo che le pietre e i sassi cosa sono nella nostra vita, perciò e importante sapersi guardare dentro, di cosa abbiamo bisogno, cosa vorremo, perchè anche se ci conosciamo cerchiamo di andare sempre dalla parte che non vorremo andare, ci facciamo trascinare troppo dal nostro istinto o pensieri che abbiamo, i santi conquistati da questo grande mistero non si staccavano mai nel contemplarlo, si facevano conquistare fino all'intimità da questo grande dono, anche noi vogliamo chiedere al Signore con tutta umiltà, di farci conquistare, di farci innamorare perdutamente, perderci in questo oceano di amore, di essere noi eucarestia per gli altri, donarci totalmente, e gratuitamente al servizio del prossimo, siamo stati lavati e rigenerati in quel preziosissimo Sangue, costato sofferenze e umiliazioni, percosse e tribolazioni, come ricambiare tutto ciò, certo mio caro e amato Signore, tu non vorresti mai che noi soffriamo in tal modo, ma vuoi solo che ti sappiamo amare, testimoniarti e imitarti, portarti nel cuore e nella mente, perchè sono bastate quelle di tuo figlio, ma non è cosi semplice farlo come tu sai, ma dolce e misericordioso Gesù noi vorremo con tutto il cuore seguirti nella maniera più totale e gratuita che esiste, ma il nostro io ci tiene legati, come fare Signore, vieni in nostro soccorso e rialzaci, noi confidiamo in Te, confidiamo in Te, amiamo Te, viviamo in te, crediamo in Te, ci affidiamo a Maria tua Madre e nostra, che ci insegni la via che conduce a Te che sei tutta la nostra ricchezza, non ci lasciare rotolare tra le nostre piaghe ma aiutaci ad uscire alla luce, quella luce che ci rischiara dalle nostre bramosità terrene, che ci rende schiavi di inutili egoismi, aiutaci Signore a sare con te e vivere in Te. Amen. Fr. Luciano piccolo e e povero fraticello del Signore.

lunedì 24 maggio 2010

Ciao Marco

Ciao Marco
Non si può dimenticare di un testimone dell'amore misericordioso di Dio attraverso un esemplare ragazzo come Marco, sempre pronto e attento a tutti, con il sorriso che ti rasserena e ti da pace anche quando non ne hai. Fr. Luciano

sabato 17 aprile 2010

Come fare la Lection Divina



Lectio Divina
Schema per una preghiera aderente alla Parola di Dio


* Il significato letterale 'Lectio' (la lettura)

ANALISI GRAMMATICALE - E' l'attenzione alle parole in senso grammaticale: scoprire il verbo (è la forma più importante), i sostantivi, gli avverbi, l'etimologia delle parole, dove sono messe, ecc.
ANALISI LOGICA - Trovare la consequenzialità dei vari termini, chi fa l'azione, chi la riceve, ecc.
ANALISI DEL PERIODO - Verificare quale è la frase principale e le subordinate, le frasi accidentali ecc.
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE PRINCIPALE E RICERCA SEMANTICA - Fermarsi sul verbo tentando di capirlo bene, trovando i sinonimi, analizzandone la radice, usando tutti i modi che possediamo per intenderlo bene. Fermarsi sul soggetto e sui complementi della frase.
ANALISI DELLA STRUTTURA - Vedere come è costruito il brano, la dinamica che esiste in esso. Se ha un andamento tipo Introduzione-Parte centrale-Conclusione o un andamento di tipo catechetico o floreale o con inizio pregnante, ecc. Tutto ciò si facilita se facciamo una lettura corsiva della Bibbia come humus della Lectio Divina.
ANALISI DELLE PAROLE E FRASI SECONDARIE - Anche le parole e le frasi secondarie ci portano a completare il senso di tutto il testo.


* L'approfondimento del senso 'Meditatio' (la meditazione)

FASE DELLA RACCOLTA - (Come la formica) Si tratta di fermare i significati migliori trovati nella lectio in modo che ci portino ad altri brani e raccogliere così un senso più profondo e più ampio del testo su cui stiamo pregando.
FASE DELLA ELABORAZIONE (RUMINATIO) - (Come l'ape) E' la fusione di tutti gli elementi che ora sono in nostro possesso, lasciando alla Grazia di Dio e alla viva forza della Parola di penetrare in noi e dare la sua luce. La Parola diventa Sacramento il quale agisce per sé stesso.
FASE DEL CONFRONTO PERSONALE - Confrontare la Parola e i suoi contenuti di luce con la nostra situazione. Dovrebbe avvenire quasi inconsapevolmente perché dove vi è molta luce lì si creano ombre forti. E' la fase del discernimento.

* La nascita della preghiera 'Oratio' (la preghiera)
Assume diverse forme:

PREGHIERA DI PENTIMENTO (ORATIO COMPUNCTIONIS) - Accorgersi della lontananza che c'è tra noi e Dio, senso di dolore, di pentimento per le nostre ingratitudini, captazione della situazione di peccato.
PREGHIERA DI RICHIESTA (ORATIO PETITIONIS) - Anche in una globale fedeltà ci accorgiamo della nostra inadeguatezza per cui nasce il desiderio della domanda di grazia per migliorare.
PREGHIERA DI RENDIMENTO DI GRAZIE (ORATIO EUCHARISTICA) - Quando si coglie che la nostra vita è comunque stata diretta da Qualcuno che ci ha supportato e quando siamo caduti ha cambiato la caduta in momento di salvezza.
PREGHIERA DI LODE (ORATIO LAUDATIVA) - E' la dimensione quasi infantile dell'accoglienza della Parola di Dio che ci fa dire semplicemente: 'Come è bello!', ed in questo vi sono i sentimenti di lode, di ringraziamento, di richiesta, di compunzione tutti fusi in un atteggiamento di lode.

* La fioritura dei sensi nuovi 'Contemplatio' (la contemplazione)

CONTEMPLAZIONE COME RITORNO AL PARADISO - E' il godimento di Dio in noi senza altre cose; è un'immersione nel Creatore da parte della creatura che sente di appartenerGli totalmente; è un po’ come un ritorno al seno materno. (Questo tipo di contemplazione rischia di dimenticare il mondo e gli altri anch'essi creature di Dio).
CONTEMPLAZIONE COME IRRUZIONE DEL DIVINO NELLA STORIA - (Cum-templum = stare con il tempio; io e il divino) Essere capaci di sentire, vivere le situazioni della vita come espressione di Dio nella mia storia, nei fatti e nelle cose.
CONTEMPLAZIONE COME VISIONE NELLA STORIA DI CRISTO MORTO E RISORTO - E' la capacità di leggere e vivere la storia e la propria storia nel mistero della morte e risurrezione di Cristo.
CONTEMPLAZIONE COME UOMO NUOVO E UOMO EVANGELIZZATORE - Vivere la novità dell'uomo pervaso dallo Spirito di Dio capace di fecondità divina e quindi evangelizzatore con la parola e le opere.

giovedì 11 marzo 2010

La vocazione francescana

La vocazione francescana!
un'esperienza che ti colpisce al cuore!
Un'avventura che ti segna per sempre!
La tua vita donata agli altri!

sabato 20 febbraio 2010

Chiamatili l'invio

Chiamati li inviò
Matteo 10, 7-15


Il brano evangelico di cui vogliamo trarre spunto e il brano in cui Gesù manda i suoi discepoli a proclamare il lieto messaggio.
Non portate con voi né oro, né bisaccia, nel due tonache, guariti i malati sanate i lebbrosi, liberate i prigionieri, gratuitamente avete ricevuto e cosi date, entrando nelle case che vi accoglieranno salutate con il saluto della pace”.
La vocazione e la missione dei dodici sono messi insieme. La vocazione a essere figlio di Dio si realizza  infatti nella missione verso i fratelli.
Chi è il discepolo? È colui che segue il maestro.
Tutti noi possiamo essere discepoli di Cristo nel volerlo seguire, ognuno di noi viene chiamato, per nome dal Signore nel seguirlo, chi nella vita religiosa, chi nella vita sacerdotale, chi nella vita matrimoniale, come possiamo noi essere testimoni del Vangelo? Con la fede innanzitutto, poi con le opere, la fede senza le opere non è creduta ci ricorda san Paolo, con la nostra testimonianza, nella sincerità, nella gratuità, nel servizio, nell’esempio, testimoniare vuol dire rendere vero ciò che professo. Possiamo noi tutti essere testimoni della buona novella? Certo che lo possiamo, ma se ci nutriamo della Parola di vita, dell’Eucarestia, dei sacramenti, dell’ascolto della Parola.
Gesù ci dice “andate”, la missione e dinamica, è l’andare incontro al fratello, la predicazione non deve essere fatta solo di “parole” ma deve essere accompagnata con la testimonianza della vita, cosa ci vuol dire: andate,  guarite, fasciate, scacciate, vuol significare fate ritornare alla casa del Padre tutti coloro che si sono persi, curate gli infermi, cioè è quell’uomo che viene schiacciato sotto il peso dell’egoismo e si travolgere da esso, risvegliare i morti è farsi fratello dell’altro e risvegliare l’amore del Padre il lui; sanate i lebbrosi, l’amore è una vita nuova, libera dalla lebbra della morte e del peccato, la lebbra potrebbe essere il nostro “io” chiuso in se, l’amore riscalda e fa aprire alla novità della vita,; scacciare i demoni, lo Spirito di verità scacci la menzogna che ci divide;  il dono “prendeste”, in dono “date”, il prendere e il dare è il dono della vita Trinitaria, dando ciò che si e ricevuto nella gratuità che si entra in seno alla Trinità; non portate niente con voi, né oro , né argento, né borsa, la testimonianza del discepolo è nel confidare nella provvidenza del signore e nell’amore dei fratelli, non è la ricchezza, ne le vesti, ne il potere che si conquista il fratello ma l’esempio e farlo sentire amato, accolto, stimato.
Questo brano poi è quel brano che nel 1200 un giovane viene rapito da questo brano nella sua bellezza, e che gli fece dire: “Questo voglio, questo desidero, questo bramo con tutto il cuore”, questo giovane e stato Francesco D’assisi, viene preso da questo brano pieno di speranza e di amore, se lo fece spiegare per poi poterlo mettere in pratica e da lì inizio la sua avventura con il Cristo povero, umile e obbediente, che dopo 800 anni di storia ancora e viva la sua testimonianhttp://www.youtube.com/watch?v=d32pclGVGGwza concreta di uomo evangelico.
L’uomo evangelico non è il pio o il devoto, è l’uomo della concretezza, deciso, dato, noi tutti siamo chiamati a questo, noi tutti siamo chiamati per nome dal Signore, non e facile andare incontro al fratello con i suoi limiti e diversità, specialmente se ci sono offese o difficoltà, ma il cristiano, l’uomo evangelico, è colui che supera questo , ama il suo fratello anche se non è amato, è il perdono che ci fa rinascere a vita nuova nell’andare incontro al fratello o al perdonarlo.
Frate Francesco diceva che “dando che si riceva” la vita eterna, non è l’accogliere dell’altro che può non riceverlo ma il volerlo dare che ci fa essere grandi dinnanzi a Dio.
La nostra testimonianza deve essere libera e disinteressata per avere credito, l’interesse chiama a interesse, invece l’amore dona solamente ed e libero di donarsi a tutti nella gioia o nel rifiuto.
Pace e bene.
Fr. Luciano M. 

mercoledì 10 febbraio 2010

Il Desiderio di Dio.

Il desiderio di Dio
(Sant'Anselmo, Proslògion, 1)

Orsù, misero mortale, fuggi via per breve tempo dalle tue occupazioni, lascia per un po' i tuoi pensieri tumultuosi. Allontana in questo momento i gravi affanni e metti da parte le tue faticose attività. Attendi un poco a Dio e riposa in lui.
Entra nell'intimo della tua anima, escludi tutto tranne Dio e quello che ti aiuta a cercarlo, e, richiusa la porta, cercalo. O mio cuore, di' ora con tutto tè stesso, di' ora a Dio: Cerco il tuo volto. ' II tuo volto, Signore, io cerco ' (Sal 26, 8).
Orsù dunque. Signore Dio mio, insegna al mio cuore dove e come cercarti, dove e come trovarti. Signore, se tu non sei qui, dove cercherò te assente? Se poi sei dappertutto, perché mai non ti vedo presente? Ma tu certo abiti in una luce inaccessibile. E dov'è la luce inaccessibile, o come mi accosterò a essa? Chi mi condurrà, chi mi guiderà a essa sì che in essa io possa vederti? Inoltre con quali segni, con quale volto ti cercherò? O Signore Dio mio, mai io ti vidi, non conosco il tuo volto.
Che cosa farà, o altissimo Signore, questo esule, che è così distante da te, ma che a te appartiene? Che cosa farà il tuo servo tormentato dall'amore per te e gettato lontano dal tuo volto? Anela a vederti e il tuo volto gli è troppo discosto. Desidera avvicinarti e la tua abitazione è inaccessibile. Brama trovarti e non conosce la tua dimora. Si impegna a cercarti e non conosce il tuo volto.
Signore, tu sei il mio Dio, tu sei il mio Signore e io non ti ho mai visto. Tu mi hai creato e ricreato, mi hai donato tutti i miei beni, e io ancora non ti conosco. Io sono stato creato per vederti e ancora non ho fatto ciò per cui sono stato creato.
Ma tu, Signore, fino a quando ti dimenticherai di noi, fino a quando distoglierai da noi il tuo sguardo? Quando ci guarderai e ci esaudirai? Quando illuminerai i nostri occhi e ci mostrerai la tua faccia? Quando ti restituirai a noi?
Guarda, Signore, esaudiscici, illuminaci, mostrati a noi. Ridonati a noi perché ne abbiamo bene: senza di te stiamo tanto male. Abbi pietà delle nostre fatiche, dei nostri sforzi verso di te: non valiamo nulla senza te.
Insegnami a cercarti e mostrati quando ti cerco: non posso cercarti se tu non mi insegni, ne trovarti
Se non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti, che io ti trovi amandoti e ti ami trovandoti.

venerdì 29 gennaio 2010

La Preghiera del Padre Nostro.


RIFLESSIONE SULLA PREGHIERA DEL “PADRE NOSTRO”
Benevento 18 giugno ’09
Relatore fr. Luciano M. Pugliese


In questo incontro tratteremo la preghiere del “Padre nostro”, che è l’unica preghiera che ha insegnato Gesù ai suoi discepoli, e una preghiera semplice nel dirla, ma difficile nel suo contesto, intensa e ricca nel suo insegnamento; è la preghiera che ci unisce in un vincolo d’amore verso il Padre.
Ecco come viene classificata da alcuni grandi santi e dottori della Chiesa, è “la sintesi di tutto il Vangelo” ci dice Tertuliano; è “la preghiera perfettisima” afferma san Tommaso d’Aquino, sant’Agostino invece ci dice che “la preghiera è una ginnastica del desiderio”, la preghiera del Pater e posto al centro del discorso della montagna.
Ma cerchiamo di capirla passo dopo passo.
“PADRE”: In aramaico si dice “Abbà”. Sappiamo che è il grido dello Spirito, che Dio ha mandato nei nostri cuori che è la prova, che, non solo siamo chiamati per nome, Dio ci chiama e ci conosce uno per uno, ma che siamo realmente figli.
Abbà che non significa padre ma papà, che come sappiamo e un termine affettuoso e famigliare, sono le prime parole che un bimbo dice, che apre il cuore e lo fa sciogliere in lacrime, il neo papà che si sente chiamare papà dal proprio figlio.
“NOSTRO”: Perché diciamo nostro e non mio? Perché il padre di Gesù che chiama padre Dio e attraverso di lui ed in lui che ci rende uniti a Dio essendo fratelli di un unico Padre e così diventa nostro, la paternità di Dio fonda la fraternità, il “nostro” esprime una relazione totalmente nuova con Dio, e ci apre all’universalità, il “mio” sembrerebbe un atto di egoismo, che poi in intimità nella preghiera del cuore lo chiamo Padre mio stammi vicino e diverso, perciò quando dice Gesù quando pregate dite “Padre nostro” perché ci rende uniti. Infatti diciamo “nostro” perché la chiesa di Cristo è una moltitudine di fratelli che hanno “un cuor solo e un’anima sola”.
Qua possiamo pensare a quando Gesù dice “Ama il tuo prossimo come te stesso”, o “Amatevi gli uni gli altri con
amare fraterno”, con la carità perfetta, che è vincolo di perfezione.
“CHE SEI NEI CIELI”: Perché non che “sei” nel cielo? Questa espressione biblica non indica un luogo, ma un modo di essere, Dio è al di là e al di sopra di tutto; E una formula che a prima vista sembra allontanarci dal Padre, ma, in realtà è una formula che gli ebrei indicano la presenza di Dio dall’alto che si prende cura di tutto il mondo, ci guarda e ci osserva dall’alto, il cielo poi designa la vera casa, la vera patria del padre, noi viviamo già in essa nascosti in Cristo in Dio.
“SIA SANTIFICATO IL TUO NOME”: Glorificare il suo nome è il riconoscerlo come Dio onnipotente e glorificarlo, dargli ogni lode, e il riconoscerlo come santo, è la santità del suo nome è riconosciuta da noi suoi figli quando noi diverremo “perfetti come e perfetto il Padre”. Come lo santifichiamo il nome di Dio? Con la nostra vita, le nostre azioni, il nostro amare l’altro come fratello ed il nostro operare che si completa nei suoi sacramenti che ci ha lasciati attraverso il sacrificio del Figlio sulla croce, se tutti lo riconoscerebbero come egli è si sta realizzando il Regno.
“VENGA IL TUO REGNO”: Che cose il Regno di Dio? Gesù lo rappresenta in vari modi, con varie parabole, la Chiesa invoca la venuta finale del Regno attraverso il ritorno di Cristo nella gloria. Il Regno del Padre e la fraternità dei figli. Quali sono i frutti di questo regno, che e già qui se lo vogliamo pregustare nell’attesa della sua venuta: Amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza ,bontà, fedeltà, mitezza e libertà. È la fine di ogni schiavitù e ingiustizia, egoismi malvagità ecc.
“SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ”: La volontà di Dio, che è Padre, è la fraternità tra di noi che compie ogni giustizia.
La volontà e la facoltà di volere e di amare il bene, e la volontà che tutti gli uomini siano salvi, noi preghiamo il Padre che si unisca la nostra volontà alla volontà del Figli, unità alla Vergine e ai Santi.
“COME IN CIELO COSI IN TERRA”: L’amore che è in cielo tra il Padre e il Figlio, sia in terra tra gli uomini, e cosi siano fratelli tra di loro.
L’espressione terra conclude quella prima parte della preghiera e segna il passaggio alla seconda, il cui il cielo scende sulla terra come pane, perdono e vita filiale e fraterna. Ora dopo aver santificato e invocato il Padre adesso invochiamo il nostro bisogno di figli e ci impegniamo ad amarci ad perdonarci e a servire con gratuità.
“DACCI OGGI IN NOSTRO PANE QUODITIANO”: Se si fa caso anche questa innovazione che facciamo e in plurale, “dacci il nostro”, chiedo di darmi il pane per me e per i miei fratelli che sono sparsi nel mondo, perché e il pane del Padre che mi fa figlio e fratello di tutti, il pane è la vita, ma il nostro pane deve essere la sua Parola che si fa carne nell’amare i fratelli, è l’abbandono fiducioso dei figli nel Padre di cui mai ci abbandonerà.
“RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI”: Questa domanda che noi volgiamo ci permette di vivere come fratelli e di sentirlo come Padre. Analizziamo ogni parola:
“Rimetti” in greco è mandar via, allontanare. I nostri debiti che ci stanno addosso come peso e non ci lasciano respirare, ci libera da questi pesi il perdono, la carità, l’amore.
“A noi”: Come il chiedere il pane cosi chiedo per me e per tutti il perdono e la lontanza del male.
“I nostri debiti”: Il termine traduce una parola ebraica che significa debito o peccato. A Dio noi dobbiamo tutto quello che siamo e abbiamo, Gesù ci insegna ancora una volta a metterci dinanzi al Padre nella verità. Noi siamo fragili, poveri e peccatori, il Padre ci conosce e conosce queste nostre debolezze e ci accoglie, ma anche noi dobbiamo accogliere e capire quelle degli altri, il perdono lo si riceve quando lo si dà.
L’amore vive di dono e di perdono: sé nel bene e dono, nel male cresce il perdono. La salvezza e passare dalla logica del debito e della colpa a quella del peccato e del perdono.
“COME ANCHE NOI L’ABBIAMO RIMESSI AI NOSTRI DEBBITORI”: Si suppone che quando ci mettiamo dinanzi al Padre a chiedergli il perdono è perché già noi lo abbiamo dato al fratello e ci siamo ricongiunti e riconciliati, se non perdono non posso essere figlio! Il perdonare non è un dono che faccio a lui, ma che da lui ricevo: perdonando ricevo lo Spirito del Padre.
La misericordia entra nel nostro cuore solo se noi pure sappiamo perdonare cosi come fa il Padre verso di noi, perfino ai nostri nemici. Per questo il perdonare è il miracolo più grande che possiamo fare e donare, che fa resuscitare un morto: è nascere alla vita immortale.
“FA CHE NON ENTRIAMO IN TENTAZIONE”: Dio non tenta e non ci induce in tentazione, ci può metterci alla prova quando noi lo invochiamo e gli dedichiamo la nostra esistenza, è invece colui che ci da la forza di non cadere. Le tentazione fanno parte del nostro cammino, con la tentazione noi invochiamo il Padre, perché in essa diventa luogo di vittoria e non di sconfitta. Noi chiediamo a Dio di non lasciarci soli in balia del vento. Domandiamo allo Spirito di saper discernere, da una parte, fra la prova che fa crescere nel bene e la tentazione che conduce al peccato e alla morte, dall’altra parte, fra essere tentati e consentire alla tentazione.
Questa domanda al Padre ci consente di essere uniti al figlio che sconfigge la tentazione con la preghiera.
“MA LIBERACI DAL MALIGNO”: Quest’ultima domanda ci indica che colui che ci vuole dominare e il maligno, il male e satana, che ha come alleato le nostre passioni, debolezze e fragilità. L’opera di Dio e strapparci da essa e custodirci nel suo amore, solo con la preghiera incessante si può ottenere questo l’essere liberati dal male, il male si sconfigge con la carità, l’umiltà, l’amare, il perdonare.
San Francesco dove si situa in questa preghiera, sappiamo che ha fatto il commento al Padre nostro, ebbene per Francesco la preghiera del “Padre nostro” è un vero e proprio specchio di vita, è un programma di santità.
Francesco ci invita proprio ad amare e a vivere questa preghiera di Gesù. Francesco ha vissuto a pieno tutta la delizia di chiamare Dio “Padre nostro” e ci invita a chiamare anche noi Dio “Padre nostro”.

sabato 16 gennaio 2010

La Presenza di Maria nella mia vita "Sintesi"

Cenacolo Mariano

La “ Presenza di Maria nella mia anima”

Nota introduttiva di fr. Luciano

Oggi vogliamo parlare con l’aiuto di alcune “Testimonianze” come percepire la Sua presenz

a nella nostra anima, liberata da ogni forma di schiavitù del nostro vivere per noi stessi e per una vuota gratificazione del nostro fare.

Iniziamo a dire, sempre in linee generali, che e difficile spiegare con concetti accessibili di

re cosa prova veramente un’anima che vive Maria in se.

Maria non è soltanto la Madre mistica, che mi rigenera in Cristo facendo di me un membro del corpo mistico di Gesù, ma si sperimenta un qualcosa di molto più profondo e intimo in quelle anime che vivono lo Spirito di Maria e della sua presenza, non è un semplice devozionalismo o esibizionismo, ma è un vero e proprio incarnarsi e nutrirsi di Lei sotto i pie

di del Maestro, non dimentichiamo che e stata la prima discepola a seguirlo nell’umiltà e nascondimento.

Non si tratta certo di una presenza materiale e corporale di Maria, quale era possibile durante la sua vita. Ma l’esperienza mariana di cui parlano le fonti, è tutta spirituale. Presenza quindi spirituale. Prima di tutto c’è l’opera della grazia. Per stare nello stato di grazia occorre la docilità di ascolto, apertura di cuore, disponibilità ad accogliere la Parola.

Per concludere questa piccola introduzione diamo la parola ha un gran mariologo nostro confratello P. Ragazzini, che spiega: <<> della presenza di Maria nell’anima si vorrà spiegare attenendosi scrupolosamente agli schemi filosofici, razionali ecc…, forse non si sarà mai soddisfatti dei risultati raggiunti.

La Madonna, prima di agire in me, quindi di essermi presente come Corredentrice, Mediatrice, come Dispensatrice di grazie, diventa mia mamma e a suo modo, spiega P. Severino, è presente in me come mia mamma. Come mia mamma, mia ha dato la vita, la vita sopranaturale, la quale che mi è comunicata anche dalla sua pienezza di Madre :<>.

Concludiamo dicendo che e significativa la constatazione che più un’anima cresce in grazia, più si sente intima la presenza di Maria come sua Madre. Qui ci possiamo domandarci: Fino a che punto la Madonna è legata alla vita della grazia nella mia anima

sabato 9 gennaio 2010

Non c'è amore più grande che.....


Meditazione sulla lavanda dei piedi

Giovanni 13,1-3

Non c’è brano più bello e significativo di questo.

In questo brano si rivela chi è Gesù, ed il suo amore per noi.

Nella lavanda dei piedi a confronto degli altri evangelisti, l’evangelista Giovanni presenta l’istituzione dell’Eucarestia, a differenza dell’ultima cena, che in Giovanni non viene rappresentata, non c’è nel vangelo, ma e descritta nella lavanda dei piedi, non c’è la benedizione del pane e del vino, non ci dobbiamo dimenticare che l’Eucarestia e servizio, ringraziamento, dono per gli altri, e non poteva essere descritta meglio della lavanda dei piedi, e un andare incontro altro, farsi prossimo spontaneamente, l’Eucarestia viene narrata nella lavanda attraverso il servizio, il boccone a Giuda, che poi lì lava anche i piedi, con il perdono, perché Dio ama fino in fondo, fino alla fine con amore gratuito.

La lavanda dei piedi è il piegarsi sull’uomo del Signore, qui c’è la vera glorificazione del figlio e del Padre, la lavanda dei piedi non è una umiliazione o abbassamento o un mettersi sotto i piedi degli uomini, ma è un servire regale, questo è il vero scopo di Gesù, servire gli uomini, è l’umiltà di Dio che si fa servizio, che proviene dall’infinito amore verso gli uomini; qui Gesù si presenta e lo conferma di essere lui il Signore e Maestro, ma si presenta sotto la presenza di servitore; (La lavanda dei piedi nell’Antico testamento, in Israele non era un segno di disprezzo era si riservato al servo, ma era un segno di accoglienza, di rispetto, di cura, i piedi servono per camminare, seguire la via, poi si ci lavava i piedi perché erano pieni di polvere, non c’erano le scarpe, al massimo una specie di sandali), è importante capire che la lavanda dei piedi come l’ istituzione dell’Eucarestia, si intravede la glorificazione del Signore, non soltanto nei miracoli e nei prodigi che ha compiuto durante la sua vita, ma la sua più alta glorificazione è proprio la croce, e sulla croce che Gesù ha glorificato il Padre, l’apice della glorificazione e quella essere crocifisso, la vera natura di Gesù e il servire l’uomo, quanto ci viene chiesto di testimoniare la vita in Cristo troviamo sempre una scappatoia, siamo tutti come Pietro, “io ti seguirò fino in fondo”, ma al momento della prova cosa dice “io non conosco quell’uomo”, ma e proprio cosi noi quando siamo presi in un clima di fervore, di entusiasmo, di forte emozione siamo capaci di fare tutto, come Erode che si fece incantare dalla figlia di Erodiade e gli promise tutto, al momento della richiesta si turbò, è come può capitare durante gli esercizi spirituali, lì siamo capaci di fare tutto ma poi una volta finiti cosa succede? Gesù dice io vi ho dato l’esempio, chi vuole seguire Gesù deve essere il servo di tutti, si deve spogliare di se stesso, ecco il significato che si tolse le vesti e si cinge il grembiule, e la spogliazione di se stesso, cosi come sulla croce spogliato di tutto, e per fare questo dobbiamo passare proprio per il venerdì santo, per essere uomini nuovi risorti con Cristo a vita nuova, Francesco ci ha dato un esempio mirabile del suo rinnegare se stesso, andare incontro al lebbroso e lavargli i piedi, curare le ferite, forse non fa anche Gesù cosi con noi? Francesco con la lavanda dei piedi al lebbroso simboleggia proprio l’uomo nuovo, l’uomo che ama ogni fratello, l’uomo che oltre agli schemi del pensiero umano, è l’amore che ha scoperto amando Dio, che lo ama al di sopra di ogni altra cosa, che lo spinge ad andare incontro al fratello; invece noi siamo radicati nelle nostre passioni, nelle nostre logiche, non vogliamo staccarci da questi, invece l’uomo nuovo, la lavanda dei piedi, questo vuol significare andare verso l’altro con amore disinteressato, che non si condiziona per il suo stato e stile di vita, non è facile credetemi fare questo, Gesù che ci dice “Non c’è amore più grande di questo dare la vita per i propri amici”, è l’amore di Dio che ci nutre e ci travolge a fare queste scelte, e il risultato di una vita spesa solo ed esclusivamente per Dio, che ci fa donare con la propria vita per il fratello.

È in questo contesto che ci viene dato il comandamento nuovo, “Amatevi come io ho amato voi”, con quale amore ci ha amati Gesù? Io penso non riusciamo a pensare con quale grado di amore ci abbia potuto amare, perché il suo amore oltrepassa ogni confine, attraversa ogni logica, spalanca le porte di ogni cuore indurito, e quello che siamo chiamati a fare anche noi, andare incontro all’altro. Come possiamo concretizzare questo comandamento? Come attuarlo nella nostra povera vita? Ne saremo capaci di dare tanto amore come il Signore ha amato a noi? Non è facile, ma è possibile! Si può mettere in atto, nel difendere la vita, allontanare i propri interessi, eliminare l’odio, l’invidia, lo scandalo, come si attua nel essere costruttori di pace, ambasciatori di misericordia, donando il perdono reciproco, avere gesti caritatevoli, essere in soccorso al prossimo facendosi difensori, tutto questo e rinchiuso in questo testamento che ci ha lasciato Gesù, nella lavanda dei piedi, dandoci l’esempio e il comandamento di amarci con amore scambievole.

C’è lo conceda per intercessione della beata Maria vergine, eletta dal Padre celeste,che ci insegni Lei ad amare e a saperci donare attraverso la sua scuola di umiltà, di silenzio e di amore. Amen.

Fr. Luciano M.